domenica, maggio 07, 2006

L’Australia supera l’Italia nell’esportazione di vino in Usa.


È la prima volta, ma non bisogna cullarsi sugli allori. Abbiamo perso il primato del 2005, riconquistarlo è possibile iniziando dalla lotta alle imitazioni Sulla base dei dati dell'Italian Food & Wine Institute relativi al gennaio 2006 e delle analisi Istat sul commercio estero con i Paesi extracomunitari, si evidenzia un boom delle esportazioni di vino australiano in Usa: la crescita record del 13,7% ha superato in valore il vino Made in Italy. Eppure, assicura la Coldiretti, le esportazioni italiane in Usa sono aumentate del 7,9% e l'Italia, con il 29,1% del mercato, custodisce gelosamente il suo posto tra i vini stranieri, davanti alla vecchia rivale, la Francia. Fatto sta che il Belpaese ha per ora perso il comando del mercato statunitense. L'Australia poi, che produce 13,3 milioni di ettolitri di vino, si è data a strategie di esportazione forte, con prezzi più contenuti. Per quanto poi concerne le produzioni locali statunitensi, ebbene fanno notevoli progressi, ma i cittadini hanno consumato più vini stranieri, nel 2006 il 10,1% in più del 2005. Perciò la Coldiretti dice che per riconquistare il primato italiano del 2005, dopo la valorizzazione qualitativa, occorre esaltare le differenze e presentare negli scambi commerciali non solo vini, ma un intero territorio fatto del patrimonio genetico dei suoi vitigni, delle sue ricchezze endogene, del clima, del paesaggio e di testimonianze artistiche e naturali. L'Italia ha le potenzialità per tornare in testa negli States, vista la produzione di 48,1 milioni di ettolitri di vino made in Italy nel 2005, visto il fatturato di nove miliardi di euro e un valore delle esportazioni di tre miliardi di euro realizzati grazie anche a 460 vini Doc, Docg e Igt. Nuovamente si ribadisce l’importanza di difendere questo patrimonio dalle imitazioni, anche perché da una recente indagine è emerso che solo negli Stati Uniti sviluppano un mercato quasi uguale a quello delle nostre esportazioni cioè ancora una volta, è "falsa" una bottiglia su due. L'accordo con gli Stati Uniti che ha portato alla tutela delle denominazioni Chianti e Marsala non significa, spiega la Coldiretti, che ora c’è via libera ad indiscriminate pratiche enologiche controverse in cambio di insufficienti concessioni nella tutela delle denominazioni di origine dalle imitazioni che devono invece trovare una più completa protezione nell'ambito del Wto.

Via initaliaonline.it

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